Rassegna Stampa 2016

Mozart all’ “italiana” di Francesco Bossone

Articolo di Olga Chieffi

Una grana timbrica, flessuosa, non ancora certamente rifinita, ma gravida di suono ed intenzioni, abbiamo ritrovato nell’Orchestra Giovanile Napolinova, gemma dell’omonima associazione, nata da una felice idea del presidente e direttore artistico Alfredo De Pascale, che ha lanciato la formazione in una tournée che toccherà da febbraio ad aprile con tre differenti concerti le prestigiosi sedi di Napoli, Salerno e Caserta. Nella Chiesa della SS.Annunziata, che Don Claudio Raimondo ama aprire alla musica, si è svolto il primo degli appuntamenti che ha salutato direttore e solista il fagottista Francesco Bossone, prima parte dell’Orchestra Sinfonica Nazionale dell’Accademia di Santa Cecilia. Il programma che prevedeva il Divertimento K136 in Re minore, il Concerto per Fagotto K191 in Si bemolle Maggiore e in chiusura la Sinfonia n°40 K550 in Sol minore, ha rivelato un’esecuzione in cui tutto ha cantato con grande generosità, anche il pianissimo, con allegri molto brillanti. Il tutto, però, orientato nel senso dell’attendibilità da una dottrina esecutiva che non ha lasciato nulla all’improvvisazione stilistica, anzi, è riuscita a conciliare scuole e convinzioni diverse, creando suono, slancio espressivo e sapida scioltezza di fraseggio, con un campionario di soluzioni timbrico-musicali da manuale. Culmine espressivo dell’intera serata è risultato l’Andante ma Adagio in Mi bemolle e in forma-sonata, il cui tema principale, espressivo e sognante, esposto dai violini, con sordino, concorre alla globale affermazione di una Stimmung notturna pervasa di affettuosa tenerezza, appena increspata da brevi chiaroscuri, in cui ci è balenato nella testa il tema dell’aria “Porgi amor, qualche ristoro”, la splendida sortita della Contessa, nel secondo atto de’ “Le Nozze di Figaro”. La seconda parte del concerto è stata interamente dedicata all’esecuzione della Sinfonia n.40 in sol minore K550 e qui la formazione ha espresso al meglio le sue qualità. Le ricchissime invenzioni della partitura mozartiana sono state messe in rilievo grazie ad una sapiente resa del fraseggio tra le sezioni degli archi e dei fiati. Il momento di maggior rilievo dell’intera performance è avvenuto nel secondo movimento, dove è stato posto in evidenza l’aspetto dolente e meditativo di questo capolavoro mozartiano. Qui il ruolo fondamentale è stato giocato dai fiati che sono apparsi tutti molto precisi, con una particolare menzione per il flauto di Vincenzo Gaudino che si è distinto tra tutti. La direzione di Francesco Bossone è risultata tesa a favorire l’evidenza, la chiarezza, la linearità di un percorso musicale sempre di incantevole bellezza con questi giovani musicisti che sono riusciti a calarsi nella logica del zusammen musiziren e soprattutto nella prospettiva di un’orchestra intesa come ensemble di musica da camera allargato, grazie anche alla scelta di un programma adatto alle loro possibilità, senza voli pindarici verso pagine che fanno tremare i polsi anche ai più grandi interpreti, linea, questa, purtroppo adottata non si sa per quale misteriosa ragione dalla classe di esercitazioni orchestrali del nostro conservatorio. Abbiamo potuto, così ascoltare davvero l’intera partitura restituita con una luminosità dalla bacchetta esperta del M° Bossone, che ha offerto risalto ad ogni profilo tematico. Prossimo appuntamento con l’ Orchestra Giovanile Napolinova, sabato 12 marzo sempre nella Chiesa della SS. Annunziata per un concerto che vedrà ospite l’intenso suono dell’ oboe di Fabio D’Onofrio.

L’Orchestra Giovanile Napolinova prosegue la sua maturazione nel segno di Mozart e Schubert

Articolo di Marco del Vaglio

Nella splendida cornice della chiesa di S. Anna de’ Lombardi, si è recentemente tenuto il secondo concerto della stagione 2016 dell’Orchestra Giovanile Napolinova, sotto l’attenta direzione del maestro Mariano Patti. La serata ha avuto inizio con il pezzo “Lento espressivo”, tratto dalla Sinfonia per archi di Patrizio Marrone, attualmente uno dei più prestigiosi compositori napoletani, che riesce a conciliare le istanze moderne con i gusti del pubblico, senza per questo cadere nella superficialità. Era poi la volta del Concerto per oboe e orchestra in do maggiore K. 314 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), che ha alle spalle una storia piuttosto curiosa. Originariamente venne composto per il bergamasco Giuseppe Ferlendis, oboista dell’orchestra di Salisburgo nel periodo 1777-1778, ma divenne il cavallo di battaglia di un altro virtuoso, il tedesco Friedrich Ramm, che suonava a Mannheim. Poi se ne persero le tracce fino al 1920 quando, fra alcuni documenti del Mozarteum di Salisburgo, il musicologo e direttore d’orchestra Bernhard Paumgartner, grande studioso mozartiano, ritrovò il manoscritto originale e comprese il motivo dell’oblio. In realtà la partitura era ugulae a uno dei concerti per flauto e orchestra, frutto della commissione del flautista dilettante olandese Ferdinand Dejean, che aveva chiesto “tre piccoli, facili e brevi concerti, oltre a un paio di quartetti con flauto” (come scrisse il genio di Salisburgo in una lettera al padre), promettendogli 200 fiorini, cifra che scese a 96 fiorini, molto probabilmente perché uno dei brani richiesti era soltanto una trascrizione di un pezzo precedente. Dopo un breve intervallo, la seconda parte è stata interamente dedicata alla Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D. 485 di Franz Schubert (1797-1828).
Scritta fra settembre ed ottobre del 1816, presenta una impronta volutamente mozartiana e, in particolare, utilizza il medesimo organico della celeberrima Sinfonia n. 40 K. 550, e riprende, nel minuetto, identici passaggi. Uno sguardo agli interpreti per rimarcare innanzitutto l’ottima prova dell’Orchestra Giovanile Napolinova, nata nel 2014, caratterizzata da una buona compattezza sia degli archi, sia dei fiati, che prosegue nel suo processo di maturazione, sotto il vigile sguardo del maestro Mariano Patti, esperto direttore stabile della compagine. Molto bravo, come sempre, anche l’oboista Fabio D’Onofrio, che ha fornito il suo splendido apporto come solista, eseguendo come bis un pezzo per oboe e violoncello, tratto dalla produzione del britannico Purcell. Pubblico numeroso e partecipe, al quale è stato offerto un bis conclusivo, con la riproposizione del brano del maestro Marrone, presente al concerto e visibilmente emozionato.
Prossimo ed ultimo appuntamento napoletano di questa prima parte della stagione, domenica 10 aprile, data in cui gli archi dell’Orchestra Giovanile Napolinova si confronteranno con un programma di ampio respiro, compreso fra Vivaldi e Gershwin.

L’Orchestra Giovanile Napolinova, ottimamente diretta da Felice Cusano, chiude la prima parte della sua stagione con uno splendido concerto

Articolo di Marco del Vaglio

L’ultimo dei tre concerti della rassegna “I giovani e l’Orchestra” ha ospitato, nella meravigliosa cornice della chiesa di S. Anna de’ Lombardi, gli archi dell’Orchestra Giovanile Napolinova, diretti dal violinista Felice Cusano, che hanno proposto una serie di brani prevalentemente di raro ascolto. La prima parte, durante la quale il maestro Cusano si è anche esibito come solista, fornendo un saggio della sua bravura, ha avuto inizio nel segno di Antonio Vivaldi (1678-1741) con il Concerto in mi minore per violino e archi op. 11, n. 2 RV 277, pubblicato nel 1729 e meglio noto come “Il Favorito”, appellativo dato dall’autore, specchio di un giudizio personale sulla composizione o, più presumibilmente, commento dedicato al suo strumento preferito. Con l’Ave Maria per violino e archi di Aldo Cusano si passava ad un compositore contemporaneo, moderno ma molto moderato, autore anche dei successivi arrangiamenti per archi di tre pezzi appartenenti alla produzione del polacco Henryk Wieniawski (1835-1880), la Chanson polonaise, la Romanzadal Concerto n. 2 in re minore op. 22 per violino e orchestra e una Mazurka. Ultimo brano in programma, prima dell’intervallo, il celeberrimo e struggente tema principale della colonna sonora del film di Steven Spielberg “Schindler’s List”, che fruttò a John Williams il premio Oscar nel 1994. La seconda parte si è aperta con le Due melodie elegiache, op. 34 di Edvard Grieg (1843-1907), adattamento per orchestra d’archi di Hjertesår (Il cuore ferito) e Våren (L’ultima primavera) due dei Dodici lieder op. 33 per voce e pianoforte, scritti in precedenza dal compositore norvegese. E’ stata poi la volta del celebre Intermezzo della “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni (1863-1945), seguito dalla poco frequentata ed ipnotica Lullaby (Ninna nanna) di George Gershwin (1898-1937) risalente al 1919, quando il compositore americano studiava con Edward Kilenyi senior, ungherese trapiantato negli USA. Ultimi due pezzi in programma, l’Andante festivo di Jean Sibelius (1865-1957), nato come quartetto d’archi per celebrare il 25° anniversario della fondazione di una fabbrica di legnami e Kleftikos, scatenato ballo di gruppo, diffuso fra i briganti che si opponevano alla dominazione turca, posto a chiusura delle “Cinque danze greche” di Nikos Skalkottas (1904-1949). Veniamo quindi ai protagonisti, cominciando dal maestro Felice Cusano, nel doppio ruolo di solista e direttore d’orchestra, entrambi svolti con la consueta bravura e professionalità. Vale però la pena soffermarsi un attimo sul Cusano violinista, in quanto risulta uno degli ultimi rappresentanti, ancora in ottima forma rispetto a colleghi che farebbero bene a passare la mano, di una generazione che non si limitava a suonare le note presenti sullo spartito, ma abbinava il talento a studi intensi ed approfonditi, volti ad affinare la sensibilità esecutiva, trasmettendo al pubblico grandi emozioni. Purtroppo oggi, fra le nuove generazioni, sono pochissimi i musicisti che rientrano in questa categoria e, contemporaneamente, molti appassionati hanno perso (o non hanno mai avuto) il ricordo di interpretazioni memorabili, per cui non si rendono conto del poco valore di artisti che, qualche decennio fa, difficilmente avrebbero avuto il permesso di calcare palcoscenici prestigiosi. Riguardo agli archi dell’Orchestra Giovanile Napolinova, confrontatisi con un programma quanto mai vario, hanno evidenziato versatilità, compattezza ed affiatamento notevoli, oltre a sonorità, in molti casi, di grande raffinatezza, sulle quali risultava evidente l’impronta del maestro Cusano. Pubblico numeroso, attento e, alla fine, giustamente entusiasta, che ha chiesto a gran voce il bis, ottenendo la riproposizione dell’evocativo Intermezzo da “Cavalleria rusticana”, quanto mai adatta a chiudere nel migliore dei modi un bellissimo concerto.

Alla ricerca del suono con Felice Cusano

Il violinista e immenso didatta ha chiuso la primavera dell’Orchestra Giovanile Napolinova nella Chiesa della SS.Annunziata di Salerno

Articolo di Olga Chieffi

E’ stata una felice e inaspettata sorpresa trascorrere tre serate con i giovani e gli illustri ospiti dell’Orchestra Giovanile Napolinova, dopo aver ascoltato tanti improvvisatori, sognatori, arrivisti dilettanti, pseudo compositori e sbacchettanti che stanno trasformando ensamble e orchestrine in maldestre bande da giro. Un’associazione partenopea, questa, presieduta da Alfredo De Pascale che, con estrema sapienza ed abnegazione, guida i propri valenti strumentisti alla scoperta dei segreti della musica da camera, del concerto solistico, proponendo loro, in progressione, programmi adatti all’esperienza di quanti cercano di affacciarsi alla professione di musicista. Audizioni severe, un buon numero di prove, esperti solisti che lavorano con i giovani, eseguendo in pubblico concerti virtuosistici (non è da tutti farsi supportare e bene da ragazzi, poiché si è sempre in bilico su di una lama di rasoio, ripartendo le proprie attenzioni tra la formazione, incoraggiando e aggiungendo, quindi l’esecuzione e la preoccupazione per la propria difficile parte), tanto gelo in orchestrazione per offrire un prodotto godibilissimo per tutti, strumentisti e pubblico. Il fagottista Francesco Bossone, l’oboista Fabio D’ Onofrio, il violinista Felice Cusano, i tre solisti che qui a Salerno, si sono alternati alla guida dell’orchestra con un unico comun denominatore, la ricerca del suono. Se l’oboista ha proposto il concerto per oboe “Ferlendis” in Do Maggiore, scritto per Giuseppe Ferlendi, oboista alla corte di Salisburgo, di Mozart, sostenuto dalla formazione guidata da Mariano Patti, il quale ha accoppiato questa interpretazione, i cui preziosismi si sono manifestati nella ricerca compatta e affilata delle sonorità solistiche, nello scrupolo intelligente, elegante e calibrato del tracciato ritmico, nel senso fascinoso dei respiri e degli spazi, al “Lento espressivo” della sinfonia per archi di Patrizio Marrone, esponente contemporaneo della scuola di composizione napoletana, per chiudere con la Quinta Sinfonia di Franz Schubert che si amalgama perfettamente alle armonie mozartiane della sinfonia K550 eseguita nel concerto precedente, preparato con Francesco Bossone, Felice Cusano, ha inteso dividere in due la sua serata, proponendosi al pubblico prima in veste di ConcertMeister, poi unicamente in veste di direttore. E’ prerogativa della scuola napoletana di tutti gli strumenti la ricerca del suono, bello, puro, rotondo, per esaltare la melodia e il virtuosismo spinto. Felice Cusano, messo da parte il suo prestigioso Mantegazza, ha scelto di presentarsi al pubblico di Salerno, nel confronto veramente impari con l’acustica della chiesa dell’Annunziata, dall’eco imponente, con un antico violino italiano di indubbio fascino. Il concerto “Il Favorito” di Antonio Vivaldi è vissuto nel rispetto assoluto della pagina. C’è la fascinazione dell’estro vivaldiano che consegna le chiavi della nuova musica alla Germania, le agilità cristalline la sua capacità di mantenersi sempre sullo stesso crinale tra equilibrio e brillantezza, tra compostezza e vivacità, con l’orchestra ben controllata da Federica Tranzillo. Poi, l’ Henryk Wieniawski della Chanson polonaise, la Romanza dal Concerto n. 2 in re minore op. 22 per violino e orchestra e una Mazurka, un monumento di umanità e passione comunicativa, la struggente Ave Maria di Aldo Cusano, incantata e intima, l’ordito sonoro del tema di Schindler’s list, brani lenti in cui l’intonazione e l’amalgama dell’orchestra hanno conquistato la platea. Seconda parte dominata dalla Ninna Nanna di George Gershwin, interpretata nel segno di un’esemplare finezza espressiva e leggerezza, unite a tutte le attenzioni riservate ai grandi classici, speziata di malinconica e pur incisiva morbidezza, e ancora le due elegie di Edward Grieg, lette tenendo come fermo orizzonte il respiro lirico di queste pagine. In conclusione, l’Andante festivo di Jean Sibelius, dalla trama diafana, delibata con concentrata finezza, in cui si sono raggiunti vertici superbi di incantamento per sensibilità e seduzione nostalgica, per finire con i colori accesi del Kleftikos di Nikos Skalkottas. Tono visionario e trasognato per l’intermezzo di Cavalleria Rusticana, da “fantasticheria” romantica inquieta, che ha sostanziato l’interpretazione drammaturgica del segno verista e applausi scroscianti del pubblico per il bis proprio di questa amatissima composizione.

50 studenti da 9 nazioni al “Todi International Music Masters”

“Todi International Music Masters”, evento patrocinato da Regione Umbria e Comune di Todi ed organizzato dal Direttore artistico Antonio Pompa-Baldi, pianista concertista e docente presso il Cleveland Institute of Music, e dalla scuola “The Language Center” di Stefania Belli. Per due intere settimane, cinque pianisti di fama internazionale provenienti da altrettanti paesi (Alexander Korsantia - Georgia; Eduardo Delgado - Argentina; Antonio Pompa-Baldi - Italia; Eteri Andjaparidze - Uzbekistan; Chen Yunji – Cina) faranno da Maestri

 

Dopo il successo del 2015, che ha permesso a tanti giovani pianisti classici di talento provenienti da diverse parti del mondo di maturare un’esperienza formativa musicale di qualità, dal 10 al 24 agosto 2016 torna la seconda edizione del festival “Todi International Music Masters”, evento patrocinato da Regione Umbria e Comune di Todi ed organizzato dal Direttore artistico Antonio Pompa-Baldi, pianista concertista e docente presso il Cleveland Institute of Music, e dalla scuola “The Language Center” di Stefania Belli Per due intere settimane, cinque pianisti di fama internazionale provenienti da altrettanti paesi (Alexander Korsantia – Georgia; Eduardo Delgado – Argentina; Antonio Pompa-Baldi – Italia; Eteri Andjaparidze – Uzbekistan; Chen Yunji – Cina) e circa cinquanta studenti arrivati a Todi da nove nazioni (Cina, Messico, Uzbekistan, USA, Georgia, Corea del Sud, Romania, Macao e Hong Kong) saranno i protagonisti del ricco programma del festival, articolato in concerti, lezioni private e masterclass pubbliche ospitate nella Sala Multimediale del Palazzo del Vignola. Tutti i concerti di allievi e docenti sono aperti al pubblico: il risultato é un festival che propone un ricco programma di capolavori della grande musica, eseguiti ad alto livello, offerti gratuitamente al pubblico della Cittá di Todi e, attraverso i social media, live streaming, e il canale YouTube del festival, a chiunque nel mondo voglia mettersi all’ascolto. Finalità del festival é offrire a giovani pianisti classici di talento, selezionati dal Maestro Antonio Pompa-Baldi, l’opportunitá di confrontarsi con artisti di fama internazionale e di esibirsi in concerti pubblici, sia in recital come solisti che accompagnati dall’Orchestra Giovanile Napolinova, formazione di 15 elementi fondata nel 2014 da Alfredo de Pascale, presidente e direttore artistico dell’Associazione Napolinova, che ha coinvolto nel progetto il Direttore d’orchestra Mariano Patti. Per il suo valore è stata invitata in importanti rassegne internazionali: il “Mozart Box” 2015, presso la Cappella Reale della Reggia di Portici, la XIX edizione del Festival Pianistico per il “Maggio dei Monumenti”, la XVIII edizione dei “Concerti D’Estate a Villa Guariglia” ed il “Todi International Music Master”. Obiettivo del festival è permettere a giovani pianisti di alto livello tecnico e musicale di perfezionare le loro abilità e di raggiungere un livello di professionalitá elevato. Il confronto con i “Masters” avviene attraverso lezioni individuali, nelle quali ogni Maestro offre consigli preziosi per migliorare le capacità dell’allievo a tutto tondo, curando sia dettagli tecnici sia interpretativi, per forgiare interpretazioni che permettano ai giovani di dominare i brani che eseguono e poi proporli al pubblico. I Maestri si esibiscono, a loro volta, in concerti pubblici, dimostrando concretamente come mettere in pratica le idee ed i suggerimenti forniti durante le lezioni. La combinazione di lezioni individuali, l’ascolto delle lezioni degli altri partecipanti, le esibizioni in pubblico, e l’ascolto dei concerti dei maestri fa si che le due settimane del festival diventino una esperienza significativa al punto da influenzare positivamente la vita professionale dei giovani pianisti.

Pomeriggio di un ritorno d'estate: Antonio Pompa-Baldi

Scritto da Katia Cherubini

Un prestigioso appuntamento quello che l'Associazione Napolinova, sotto la direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale, ha offerto agli appassionati per i "Pomeriggi in Concerto d'Estate", martedì 30 agosto, alle ore 18.00. La Sala Chopin ha ospitato gli allievi del Master Pianistico Internazionale, tenuto dal maestro Antonio Pompa-Baldi, foggiano trapiantato negli Usa dove insegna al Cleveland Institute of Music in qualità di Distinguished Professor of Piano. Acclamato dalla critica americana come "il nuovo messia del pianoforte" e "il talento maggiore degli ultimi 30 anni" si è affermato nel mondo dopo le vittorie ai concorsi Van Cliburn, Cleveland e Marguerite Long, precedute da quelle in Italia allo Speranza e Rina Sala Gallo. I ragazzi, molti dei quali giovanissimi, provenienti da tutto il mondo, hanno dato vita ad un concerto di elevatissimo livello, nonostante la loro giovane età. Ad aprire il recital il napoletano Nicola De Rosa, allievo del Conservatorio di Napoli S. Pietro a Majella, che ha eseguito dai Pezzi Fantastici di R. Schumann, il n. 3 "Warum?"(Perché?) e il n. 2 "Aufschwung" (Lo Slancio), alternando, con grande padronanza, passaggi travolgenti ad altri calmi e distesi e riproponendo quella sorta di malinconia romantica tipicamente schumanniana. Secondo interprete, il trevigiano Luciano Boidi che, nell'esecuzione della Ballata n. 1 in sol m op. 23 di Chopin, ha dimostrato un buon tocco e una notevole grinta nell'evidenziare la linea melodica in cui gli accenti di lirismo si sono tramutati in puro canto di dolore per la patria, lasciando negli ascoltatori una sensazione diffusa di sovrapposizione di piani sonori. E' stata poi la volta dell'undicenne californiana Anna Audenis che ha eseguito la Suite Francese n. 6 in Mi M BWV 817. Ragazzina di grande talento, dotata di un tocco agile e di una notevole sensibilità, come si è potuto apprezzare dall'ascolto dei pezzi proposti: Allemanda, Courante, Sarabanda, Gavotta, Polonaise, Bourrè, Minuetto, Giga. Evidente il rispetto degli "stacchi di tempo" ovvero degli "andamenti" delle danze, senza il quale il fascino e il senso di ogni singolo brano, piccolo scrigno dalla solidissima struttura ma di sorprendente grandezza, sarebbe andato perduto. Una incursione nel repertorio russo ha visto il foggiano Marco Capone eseguire ottimamente la Sonata n. 3 in La m op. 28 di S. Prokofiev. Composta nella primavera del 1917, risale agli anni giovanili di quell' autentico enfant terrible della musica russa, pieno di talento, spavaldo, aggressivo, provocatorio, martellante, ricco di contrasti.  Lavoro che rispecchia un pensiero musicale personalissimo e nello stesso tempo espressione di una sensibilità moderna che spinge al limite estremo le risorse percussive dello strumento, fra asciutte dissonanze e impreviste armonie non tradizionali. Grande intensità di interpretazione, con nitidezza del suono unito ad un bel virtuosismo, si è riscontrata nell'esecuzione di Antonio Gomena, che ha proposto un brano di Liszt del 1834, tratto dal ciclo Harmonies poétiques et religieuses, Funérailles, in cui l'autore rievoca la tragica scomparsa di tre amici passando dal clima appassionato di un Adagio, ad un Allegro energico assai, fino ad una serie di accordi sottovoce, troncati da un brusco Fortissimo. Molto bravo anche l'altro interprete foggiano, Leone Monaco, che ha fornito un'ottima prova con l'esecuzione di una delle pagine più popolari di Chopin, lo Scherzo in Si b m op. 31, composto nel 1837 e dedicato a madamoiselle la Contessa Adèle de Furstenstein.  Lo stesso Schumann ne parlò in termini esaltanti, paragonandolo ad una poesia di Byron per la tenerezza e l'arditezza del suo linguaggio musicale. Ancora una giovanissima , la messicana Daniela Liebman, già con il suo notevole bagaglio di esperienze , ha affrontato con grande concentrazione e notevole precisione interpretativa la Sonata n. 13 in Si b M K333 di Mozart , composta durante il terzo soggiorno parigino del compositore, nel 1778 e caratterizzata da un'abbondanza di idee melodiche contrastanti inserite in un impianto formale rigidamente classico, caratterizzato da difficoltà tecniche superate con estrema bravura dalla giovane esecutrice. Allo spagnolo Juan Francisco Otòn Martinez è toccato il compito di concludere il recital con un'interpretazione di grande spessore della Polacca – Fantasia in La b M op.61 di Chopin, vero poema di lunga e complessa articolazione, Composta nel 1845 e pubblicata nel 1846, dedicata a M.me A. Veyret, amica di Chopin e George Sand, la Polacca-Fantasia è un perfetto esempio della cosiddetta "forma aperta", che si amplia nello svolgimento con una grandissima libertà ritmica e strutturale. La scrittura pianistica è di tipo sinfonico. I diversi e imprevedibili temi sembrano improvvisazioni, si dissolvono rapidamente o si sviluppano in modo del tutto inaspettato e in apparenza contraddittorio.  Quest'opera, purtroppo, non godette di grande fama tra i contemporanei di Chopin: Liszt, pur amando molto Chopin, e riconoscendo a questo pezzo "bellezza e grandezza di idee", lo definì "al di fuori della sfera dell'arte". Concerto sicuramente di estremo interesse, così come il corposo programma proposto, in cui si sono evidenziate le naturali differenze fra gli esecutori e nello stesso tempo si sono affermate le loro individualità, legate, oltre che alla loro età, in taluni casi giovanissima, alle varie esperienze maturate nel loro percorso artistico. A valorizzare ancor di più le loro potenzialità, il maestro Pompa-Baldi che, insieme al direttore artistico dell'Associazione Napolinova, Alfredo de Pascale, a chiusura della serata, pone l'accento sul quel valore aggiunto che una sinergia fra i partecipanti all'intenso Master, pronti a una reciproca collaborazione, e i consigli forniti dallo stesso maestro, ben lieto dell'atmosfera costruttiva e serena che si è venuta a creare, può dare alle giovani promesse applaudite caldamente dal numeroso pubblico presente che non ha lesinato complimenti.

I “Pomeriggi in Concerto d’Estate 2016” chiudono con i giovani talenti del Master Internazionale del pianista Antonio Pompa-Baldi

La rassegna “Pomeriggi in Concerto d’Estate 2016”, organizzata dall’Associazione Napolinova, in collaborazione con la ditta Alberto Napolitano pianoforti, si è chiusa con “Giovani Pianisti dal mondo”, appuntamento rivolto ai partecipanti del Master Internazionale tenuto da Antonio Pompa-Baldi, musicista foggiano di fama internazionale, residente a Cleveland da diversi anni. Nella Sala Chopin, davanti ad un pubblico gremitissimo, si sono succeduti otto interpreti, provenienti sia dall’Italia, sia dall’estero, che hanno dato vita ad un recital molto corposo. Il primo ad esibirsi è stato il napoletano Nicola De Rosa, che ha eseguito “Warum?” in re bemolle maggiore e “Aufschwung” in fa minore, due degli Otto pezzi fantastici, op. 12, completati nel 1837 da Robert Schumann (1810-1856). Dedicati alla promettente pianista britannica Anna Robena Laidlaw, all’epoca diciottenne, ebbero come fonte di ispirazione “Die Fantasiestücke in Callots Manier” (1814), raccolta di novelle di E. T. A. Hoffmann. Il trevisano Luciano Boidi ha invece suonato la Ballata n. 1 in sol minore, op. 23, completata nel 1836, con la quale Fryderyk Chopin (1810-1849) inaugurava un genere, che fino a quel momento si avvaleva di un organico costituito da voce e strumento. Una tradizione, avallata inizialmente da Schumann, e oggi meno sostenuta di un tempo, vuole che Chopin abbia avuto come riferimento, per questi suoi brani, le liriche del connazionale Adam Mickiewicz. Si tratta comunque di ipotesi, mentre di reale vi è il nome del dedicatario, che per tale pezzo risulta il Barone di Stockhausen. Terza pianista, la statunitense Anna Audenis, di appena undici anni, che si è confrontata con la Suite Francese n. 6 in mi maggiore BWV 817,ultima di una raccolta, scritta da Johann Sebastian Bach presumibilmente fra il 1722 ed il 1725, il cui appellativo, aggiunto postumo, appare inspiegabile in quanto i brani sono molto più vicini allo stile italiano. La loro struttura segue, fino al terzo movimento, la successione canonica di una suite (allemandacorrente e sarabanda) ma, prima della gigaconclusiva, sono inserite altre danze, che nel caso della n. 6 risultano, nell’ordine, gavotta, polonaise, bourrée e minuetto. Con un salto di due secoli il pugliese Marco Capone ci ha portato nel mondo di Sergej Prokofiev (1891-1953) con la Sonata n. 3 in la minore, op. 28, composta nel 1917, dalla quale traspare chiaramente lo stile che caratterizzerà il musicista negli anni successivi, abbinato a sonorità tipiche della tradizione russa. Insieme alla Sonata n. 4 in do minore, op. 29, ha come sottotitolo “Da vecchi quaderni”, poiché l’autore sviluppò alcuni spunti che aveva messo sulla carta a partire dal 1907, durante gli studi portati avanti al Conservatorio di San Pietroburgo. Toccava quindi ad Antonio Gomena, talento di Ariano Irpino (AV), che ha suonato Funérailles di Franz Liszt (1811-1886), tratta dal ciclo Harmonies poétiques et religieuses. Il pezzo venne accompagnato dal titolo “Ottobre 1849”, che a qualcuno fece pensare ad un omaggio nei confronti di Chopin, mentre i veri dedicatari furono Felix Lichnowsky, László Teleki e Lajos Batthyány, gli sfortunati eroi della rivolta anti-asburgica scoppiata in Ungheria nel 1848, repressa nel sangue l’anno successivo. E’ stata poi la volta di una nuova incursione chopiniana da parte del pugliese Leone Monaco con lo Scherzo in si bemolle minore op. 31, n. 2, composto nel 1837 e dedicato dal musicista alla contessa Adèle de Fürstenstein, sua allieva. Dal canto suo, la messicana Daniela Liebman (Messico) ha proposto la Sonata n. 13 in si bemolle maggiore K. 333 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), concepita a Linz nel 1783. Pubblicata l’anno dopo a Vienna dall’editore Torricella, sulla scia del successo ottenuto dall’Artaria (altra e più nota casa viennese), che aveva dato alle stampe le sonate K. 330, K. 331 e K. 332, non ebbe però il riscontro sperato, in quanto i musicisti amatoriali ai quali era destinata, considerarono tale pezzo troppo difficile da suonare. Il recital si è chiuso con lo spagnolo Juan Francisco Otón Martínez che ha interpretato la celebre Polacca-Fantasia in la bemolle maggiore, op. 61 completata da Chopin nel 1847. Lavoro di grande inventiva, partiva dalla tradizionale danza, alla base delle polonaise da lui scritte fino a quel momento, sviluppando poi una struttura proiettata verso il futuro, scarsamente compresa e quindi anche poco gradita dai suoi contemporanei. Nel complesso un concerto di altissimo livello, che ha portato alla ribalta interpreti di grande talento (per alcuni si è trattato di un graditissimo ritorno), ognuno dei quali è normalmente seguito da un docente prestigioso. Il compito del maestro Pompa-Baldi, svolto nel migliore dei modi, è stato quindi quello di fornire, nelle poche lezioni del master, una serie di consigli atti a perfezionare il lato esecutivo nelle sue molteplici sfaccettature. Spettatori, come già accennato, molto numerosi, con qualche positiva defezione da parte dei “soliti noti”, che ha sicuramente contribuito ad innalzare la qualità del pubblico e, a parte una prolungata e fastidiosa “scartocciatura” di caramella e uno squillo di cellulare, subito soffocato, tutto è filato abbastanza liscio. Non ci resta che chiudere, ringraziando il maestro Antonio Pompa-Baldi, per la sua ennesima prova di acclarato docente e il direttore artistico dell’Associazione Napolinova, Alfredo de Pascale che, grazie alle sue iniziative, ha fatto giungere nella città partenopea alcuni giovanissimi pianisti di sicuro avvenire.

Il Teatro Bellini di Napoli inaugura la Stagione Sinfonica

Scritto da Katia Cherubini

Una calda e assolata domenica mattina, quella del 16 ottobre 2016, all’insegna della musica colta e di giovani talenti, in un connubio perfetto con i più prestigiosi nomi del concertismo internazionale, ha dato il via alla prima stagione concertistica , in collaborazione con il Teatro Bellini di Napoli, che prevede, per la stagione 2016/17, otto appuntamenti concertistici , a cura dell’Orchestra Sinfonica Napolinova, fondata nel 2014 da Alfredo de Pascale, presidente dell’omonima Associazione: “un’opportunità soprattutto per la città di Napoli, per valorizzare la musica classica ed offrire un’alternativa altrettanto valida, se pur con un gruppo composto da giovani elementi dai 14 ai 28 anni, alla stagione sinfonica del San Carlo”. Anche il Maestro Mariano Patti, direttore stabile dell’orchestra, evidenzia come i ragazzi dell’orchestra abbiano reso possibile questo progetto allo scopo di costruire la propria esperienza artistica, investendo su se stessi e sul loro talento. Il Concerto per violino e orchestra op.64 di F. Mendelssohn e la Sinfonia n. 4 di L. Van Beethoven, i protagonisti dell'evento che ha visto anche come primo direttore ospite, Luca Bagagli, che si è dichiarato felice di poter far parte di un progetto nella sua città, e ha definito lo spettacolo inaugurale: «uno slancio romantico imprigionato in una forma classica». Altro grande nome, sempre nell’ ottica di proporre una stagione di livello internazionale, ospite del concerto, è stato Franco Mezzena, violinista di spicco (suona su un violino di Antonio Stradivari del 1695) e noto didatta, impegnato in attività di solista e in varie formazioni cameristiche che lo vedono presente nei più importanti teatri e ospite nei principali Festival di tutta Europa, Giappone, Stati Uniti, Centro e Sud America. Nel 2010 ha ottenuto uno strepitoso successo alla Carnegie Hall di New York interpretando proprio il Concerto Op. 64, opera della maturità di Mendelssohn, in cui l'originalità di un grande protagonista della stagione romantica convive con la sicurezza costruttiva di un degno erede dei classici. Il fascino di questo concerto è dovuto alla felice invenzione tematica e al brillante rilievo della parte solista bilanciata dalla scrittura orchestrale: il tema del primo tempo, affidato al violino che si lancia in spericolati passaggi virtuosistici senza alcuna introduzione orchestrale, è tipicamente romantico. Ugualmente dolce è la seconda idea, esposta dai legni in una tensione lirica priva di contrasti drammatici, in cui l 'orchestra è sempre ancella del solista. Senza soluzione di continuita' il passaggio all' Andante che, nell'alternanza episodica di due idee tematiche, la prima, affidata al violino, ampia e dolce e la seconda, più truce, annunciata da legni e violini, si risolve comunque in una tenera romanza in cui la grazia del tema, decisamente sentimentale e intimistica, offre all' esecutore la possibilità di sfoggiare arcate, legati e note tenute. “Il più perfetto pezzo di musica che Mendelssohn ci abbia dato”. Così viene considerato da molti critici l'Allegro molto Vivace, movimento conclusivo del Concerto, caratterizzato da eleganti idee e una fantasia sprizzante, in cui, però, l 'impeto romantico è sempre controllatissimo. Destinatario di questo concerto, assai popolare, fu il violinista Ferdinand David, carissimo amico di Mendelssohn e magistrale interprete quando Mendelssohn stesso diresse la prima esecuzione del lavoro il 13 marzo 1845, al Gewand-haus di Lipsia. Una musica che abbraccia, inclusiva e non esclusiva, un' oasi di pace e serenità , la Quarta Sinfonia di Beethoven. Probabilmente, la più lieta e serena che il Maestro abbia mai concepito, ricca di temi gioiosi, affermativi, che sembrano infondere in chi l'ascolta, una sconfinata gioia di vivere e di godere. Nata insieme all'Appassionata durante la felice estate del 1806 trascorsa da Beethoven a Martonvàsar dove era ospite dei Brunsvik, ed eseguita per la prima volta a palazzo Lobkowitz nel marzo 1807, essa apre il cosiddetto “secondo stile” di Beethoven, che è specchio di una posizione stilistica saldamente raggiunta in cui è evidente la rinuncia alle complicate grandiosità orchestrali e alle implicazioni ideali dell'Eroica, a favore di un elegante gioco strumentale in un'atmosfera quasi confidenziale, ormai definitivamente lontana dagli stilemi settecenteschi. Quasi un contrappeso distensivo ed equilibratore agli sforzi titanici della Terza e della Quinta Sinfonia, un voler prendere fiato, come dice il Carli Ballola, volgendosi verso visioni interiori più distese e serene.  «Una snella fanciulla greca fra due giganti nordici». Cosi, Robert Schumann ritraeva la Quarta sinfonia di Beethoven, soprattutto per l'agilità della sua struttura formale. Alla pensosa introduzione di un tempo lento, segue uno scintillante Allegro vivace , con un primo tema festoso e ritmico e un secondo, presentato dal fagotto, pieno di humor.  Gli elementi timbro e ritmo arricchiscono anche l 'Adagio, ancora espressione di serenità e di quiete interiore . Nell'Allegro vivace netto il contrasto tra il tema ritmico e la frase inquieta e sinuosa, divisa fra archi e fiati . Infine, l'Allegro ma non troppo, dipanandosi tra le varie sezioni strumentali, si presenta come un vero e proprio divertimento sonoro in cui risulta inevitabile riconoscere una piacevolezza e una “vicinanza” di un discorso sinfonico che rende quest' opera una vera e propria gemma del repertorio sinfonico d’inizio Ottocento.

Tra Mozart e Richard Strauss, domenica mattina al Teatro Bellini, focus sulla Serenata per fiati con i Concerti dell'Orchestra Giovanile Napolinova. Sul podio, il fagottista Francesco Bossone. Nell'attesa, questo pomeriggio all'Associazione Culturale "Maksim Gor'kij" di via Nardones, chiacchierata storico-musicale sul programma a cura di Renata Maione. Intanto domani mattina, sempre per l'Associazione diretta da Alfredo De Pascale, il via ai Concerti nella Sala Filangieri dell'Archivio di Stato

Di Paola De Simone

Focus sulla Serenata per fiati con un doppio, emblematico esempio: il primo tratto dal periodo aureo del genere nel cuore della seconda metà del Settecento e, l’altro, esattamente un secolo dopo, alle radici della musica moderna e della contemporaneità. Parliamo del Mozart della “Gran Partita”, Serenata per fiati n. 10 K. 361 in si bemolle maggiore con cuore in mi bemolle (i due Adagi) scritta fra Monaco e Vienna nell’anno 1781 a fronte, e se vogliamo a riferimento classico della Serenata per 13 strumenti a fiato op. 7 in mi bemolle maggiore, in un unico movimento (Andante) ma dall'allure prettamente mozartiana, terminata da un diciassettenne Richard Strauss, sempre a Monaco e, neanche a farlo apposta, proprio l’11 novembre del 1881 (dunque 135 anni fa) rivelando con tale partitura il suo futuro talento all’intero mondo musicale del tempo e le proprie solide basi, per dirla con il mentore Hans von Bülow, nella klassische Schule. Ad offrirne preziosa occasione d’ascolto, qui a Napoli, è l’Associazione Napolinova che domenica 13 novembre (ore 11.30) affiderà appunto tali due partiture legate a fil doppio alla sezione dei fiati della sua Orchestra Giovanile Napolinova (nella foto in basso) con il secondo appuntamento della stagione di concerti 2016/17 ospitata al Teatro Bellini. Direttore ospite, sarà Francesco Bossone (nella foto d'apertura), primo fagotto dell’Orchestra di Santa Cecilia e già lo scorso anno sul podio di tale nuova compagine con grande successo. Da segnalare, inoltre, la possibilità di approfondire le peculiarità storiche, tecniche e stilistiche del programma grazie all’incontro che questo pomeriggio la stessa Associazione Napolinova, in collaborazione con l'Associazione Culturale "Maksim Gor'kij", propone alle ore 19 con il titolo “Stasera parliamo di Fiati: le Serenate di Mozart e Strauss”. Un incontro che rientra  nell’iniziativaAspettando la “Domenica in Concerto” a cura della professoressa Renata Maione e che,  al pubblico con ingresso gratuito, offrirà delle mirate chiacchierate musicali con critici, musicologi, solisti, direttori e i ragazzi dell’organico protagonista intorno alle opere e agli autori della Stagione 2016/17 dell’Orchestra Giovanile Napolinova nella sede dell’Associazione "Maksim Gor'kij" in via Nardones 17. Infine, sempre a cura dell’Associazione diretta artisticamente da Alfredo De Pascale e in collaborazione con l'Archivio di Stato di Napoli, si ricorda la ripresa, in terza edizione, della rassegna “I Concerti dell'Archivio”. Primo appuntamento per domani, sabato 12 novembre alle ore 11.30 con ingresso gratuito presso la Sala Filangieri, sul tema “La chitarra tra Europa e America” con Andrea Curiale in recital.

Orchestra che passione!

I fiati dell’Orchestra Giovanile Napolinova protagonisti nel secondo appuntamento della stagione “Domenica in concerto”.

Scritto da Umberto Garberini

Presso il Teatro Bellini di Napoli si è svolto il secondo appuntamento della stagione sinfonica “Domenica in concerto”, realizzata in collaborazione con l’Associazione Napolinova, con la direzione artistica di Alfredo de Pascale. In scena i fiati dell’Orchestra Giovanile Napolinova, diretti da Francesco Bossone, primo fagotto solista dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In programma due lavori dallo stesso titolo, Serenata, ma di forma e spirito diversissimi: l’op. 7 in mi bemolle maggiore di Richard Strauss, del 1881, condensato in un unico Andante lirico, seguito dalla cosiddetta “Gran Partita” K. 361 di Mozart, sette energici movimenti fra galanteria settecentesca e ardita sperimentazione timbrica, completati a Vienna nel 1784. Dunque, un banco di prova per qualunque ensemble che si rispetti: a maggior ragione per i giovanissimi interpreti, tra i migliori talenti napoletani e campani, che andrebbero citati uno per uno: comunicano serietà, bravura, professionalità, in grado di emergere con disinvoltura sia in ruoli solistici che destreggiarsi abilmente nel delicato ingranaggio d’insieme. La loro avventura in seno all’Orchestra Napolinova comincia nel 2014, progetto a cui hanno aderito con entusiasmo e senso di responsabilità, sotto la direzione musicale di Mariano Patti. Dopo partecipazioni a festival e collaborazioni prestigiose, ora questa bella stagione sinfonica in un teatro storico - e splendido - della città, con otto appuntamenti a cadenza mensile fino al 7 maggio: in cartellone grande repertorio e ospiti illustri, che affiancheranno e sosterranno con la loro esperienza e disponibilità i più giovani “colleghi”, veri protagonisti e anima dell’iniziativa.

Il successo e il bel talento dei Fiati dell'Orchestra Giovanile Napolinova mirabilmente diretti da Francesco Bossone in Mozart e Richard Strauss sul palcoscenico del Teatro Bellini

Articolo di Paola De Simone

Una sezione di soli fiati tanto esposta in prima linea con due pagine capitali e singolarissime dal bel repertorio per Harmonie entro la formula della Serenata - la Gran Partita di Mozart e l'op. 7 di Richard Strauss - quanto lodevole nei risultati messi a segno fra il non comune equilibrio dei colori e delle dinamiche, la buona tempra degli interventi "a solo" delle prime parti al pari delle rifiniture nelle battute a dialogo accanto ad una salda tenuta d'insieme sul piano metrico-ritmico e al pieno respiro armonico raggiunto da tutti gli esecutori in gioco. Persino nell'azzardo, dal podio, degli stacchi di tempo più veloci come per il Rondò finale del capolavoro mozartiano che ha chiuso l'intera esecuzione. Tasselli complementari e al contempo singolarmente fondamentali per un esito che, nel complesso, ha profondamente convinto sia in relazione alla serietà di preparazione di ogni differente elemento quanto nei termini non comuni della coesione raggiunta dall'intero gruppo ovviamente anche in virtù del grande lavoro realizzato dal podio. Convinto dunque, e non solo poiché, il traguardo raggiunto, ha innanzitutto sorpreso se si pensa che a dar corpo all'organico in esame sono musicisti giovanissimi recentemente chiamati a raccolta tramite pubbliche audizioni e che, in breve tempo attraverso percorsi di formazione mirata, ora si rivelano già pronti al banco di prova di una prima vera stagione per di più proposta su un palcoscenico importante. La compagine in questione? È l'Orchestra Giovanile Napolinova ascoltata, appunto nella sola sezione dei fiati, domenica mattina al Teatro Bellini sotto la direzione davvero esemplare per dettaglio analitico e cura di tinte, agogica, rilievi concertanti e fraseggio affidata nell'occasione a Francesco Bossone (nella foto in basso), musicista dalle lucide intenzioni e dal gesto sempre chiarissimo, primo fagotto dell'Orchestra Nazionale di Santa Cecilia.

Bravi tutti gli strumentisti in campo, dai due flautisti Vincenzo Gaudino e Claudia Vittorini a Diego Di Guida e Luigi Damiano agli oboi, dai fagottisti Tancredi Rossi, Giacomo Lapegna a Martino Moruzzi e Francesco Filisdeo ai corni di bassetto, dai clarinettisti Antonio Pisellini, Iolanda Lucci ai cornisti Antonella Marino, Giovanna Bruno e Antonio Leone affiancati dal maestro Filippo Azzaretto. Più al contrabbasso - strumento originalmente previsto da Strauss in alternativa al controfagotto o al basso tuba, quindi affiancato da Mozart insieme alla seconda coppia di corni e ai due particolarissimi corni di bassetto che qui compaiono per la prima volta negli organici del suo immenso catalogo - Antonio Di Costanzo. Il repertorio, intanto, non era di certo dei più facili. Ben congegnato all'origine scegliendo l'opera dell'esordio di Richard Strauss - una Serenata atipicamente in un unico tempo (Andante) bitematico e in forma-sonata classica più coda, terminata nel novembre 1881 e ad oggi considerata prospettiva basilare per comprendere la visione olimpica propria della prima Scuola di Vienna e l'insospettabile debito in special modo mozartiano alle spalle di un compositore emblema della modernità che, come pochi, ha spinto al parossismo tutti i parametri sonori pur entro i confini della tradizione - in abbinamento ad un capolavoro sperimentale dalla genialità formale e dalla bellezza timbrico-espressiva rare. In special modo si premiano, per Strauss, il primo flauto Vincenzo Gaudino, l'ottimo primo oboe Diego Di Guida e, per Mozart, ancora quest'ultimo per la sensibilità di tornitura dei suoi interventi più il bravissimo primo fagotto, Tancredi Rossi, per la rara sinergia sfoderata nell'innesto di una speciale sensibilità interpretativa fra le mille agilità tecniche. Al termine tanti gli applausi e,  sulla base di quanto nell'occasione da noi ascoltato, un auspicio che lanciamo come idea: ossia, che la lodevole iniziativa creata praticamente dal nulla pensando ai nostri musicisti del futuro dall'Associazione Napolinova di Alfredo De Pascale con varo lo scorso anno sotto la direzione d'orchestra di Mariano Patti possa, in qualche modo, restituire alla città una realtà non troppo lontana da quell'organico venuto meno al circuito musicale partenopeo dopo l'assurda chiusura della gloriosa Scarlatti della Rai. Magari, questa volta, identificandosi in unione al palcoscenico di un Teatro di primo piano qual è il Bellini di Napoli. 

Altri Articoli 2016

Da la Repubblica:

Da Il Mattino:

Rassegna stampa